di Claudio Grasso
Festival “ Arte e Psicoanalisi”
A cura dell’Istituto di Psicoterapia Psicoanalitica I.P.P. di Torino
12-13 Ottobre 2024
Liceo Alfieri - Corso Dante, 80, 10126 Torino TO
A una prima considerazione può sembrare curioso l’accostamento tra femminicidio e guerra, in particolare guerra atomica. In entrambi i casi c’è il “delitto imperfetto”, espressione coniata dall’avvocata Anna Ronfani. Sostengo che il delitto è imperfetto, in quanto il carnefice risulta abitato dal sadismo e dal masochismo. In effetti il femminicida viene quasi sempre scoperto e di
conseguenza incarcerato, o termina la sua vita con il suicidio. Per cui si può parlare di inveramento del sadomasochismo, in un ambito relazionale (femminicidio) e in un ambito collettivo ( guerra e in particolare, guerra atomica).
Quindi non “mors tua vita mea”, ma “mors tua mors mea”. Occorre, a questo punto, tenere presente la sostanziale dualità di Eros. La mancanza (Penia, madre di Eros) evoca contemporaneamente l’amore e la morte. Basta leggere un necrologio per capire quello che indica Platone nel Simposio. Ci troviamo nel finale di un “giallo” (film o libro o esperienza di vita e di morte) in cui c’è la rivelazione non tanto del colpevole (il carnefice) e della vittima, quanto
dell’estremo atto masochistico dell’ agente sadico. L’istinto di morte allo stato puro, come nella guerra atomica :periranno, periremo tutti, anche chi ha schiacciato il pulsante per primo. In De Sade c’è, va da sé, il sadismo non il masochismo. Nell’atto sadico il godimento è dell’agente sadico. Nel sadomasochismo, che a sua volta si realizza nella torsione masochistica finale, il
godimento sta nell’istinto di morte. La pulsione di morte che deve essere considerata una delle due facce della stessa medaglia (Eros) prende oggi ,a 120 anni dalla nascita della psicoanalisi, la via del Corpo: il corpo dell’anoressica; gli atti autolesionistici; il corpo che subisce le aggressioni di chi è abitato da una forma di dipendenza (in particolare alcol e sostanze stupefacenti); il corpo
femminile che viene colpito dagli attacchi violenti degli uomini che odiano le donne.
L’arte può essere una cura?
Certamente c’è l’arte medica, c’è lo/la psicoanalista come artista. Wilfred Bion nel suo seminario parigino del 1978 chiese ai suoi uditori: “Che tipo di artista siete voi? Vasai, pittori, musicisti, scrittori? Nella mia esperienza, alcuni psicoanalisti non sanno che tipo di artista essi siano…Se essi non riescono a vedere loro stessi come artisti, essi stanno sbagliando lavoro”.
L’analisi è una relazione speciale tra paziente e analista, ma anche l’arte crea una relazione speciale tra l’artista (poeta-poetessa, scrittore-scrittrice, pittore pittrice, musicista, regista) e il-la fruitore-fruitrice.
L’arte ci può salvare, come la medicina, come la psicoanalisi attraverso la potenza degli affetti e delle emozioni che sa evocare. Sono i nostri anticorpi. Nel femminicidio e nella guerra atomica, come abbiamo indicato, si invera il godimento pieno del sadomasochismo, perché chi opera queste terrificanti violenze appaga sia l’inclinazione sadica sia quella masochistica, nutrite entrambe da Thanatos come anticorpo “impazzito di Eros“.
Nella medicina si tratta di cura e, si spera, di guarigione. Nella psicoanalisi si tratta di cura e, si spera, di guarigione. Per l’arte possiamo pensare a un nuovo (ed è antico!) contenitore che verrebbe a colmare il vuoto dei secolari contenitori, quali la religione da una parte e l’ideologia politica dall’altra.
Sentimenti di appartenenza che sono tramontati nel corso del tempo, fino al collasso provocato dal primato dell’ Amazonwayoflife.
È in atto una staffetta tra il disagio della civiltà, di marca superegoica, e la civiltà del disagio, di marca idealegoica.
Il corpo è diventato il crocevia di questa staffetta. Al Dio-protesi freudiano del disagio della civiltà si sta sostituendo il soma-protesi della civiltà del disagio. Mentre in una futura civiltà sulla falsariga di Blade Runner, grazie(?) all’A.I., si prospetta un Android-protesi non più sgualcito, impeccabile, senza bisogni né passioni né sdegno ma il sogno forse resisterà ancora. Intanto noi oscilliamo da un lato tra Salò-Sade e Donna Vita libertà; dall’altro galleggiamo barche
controcorrente come narcisi con il riflesso non del fiume e del mare, ma del social per un Instagram.
Orwell scriveva in un brano di “1984”: Non ci sarà mai un mondo più bello di quello appena fuori dalla nostra finestra, ogni oggetto una tavolozza, ogni finestra una cornice, ogni angolo un’opportunità per l’arte. Vivremo come artisti o moriremo come schiavi”.
Per la medicina, per la psicoanalisi, per l’arte vale ciò e colei-colui che genera: “vita tua vita mea”. Come dice il poeta: “per nascere siamo nati”.
Post scriptum
La pace e la bellezza si coniugano meravigliosamente nel film di W.Wenders Perfect days. Il film ambientato a Tokyo racconta una storia di oggi (2023) e ha due finali, il primo mozzafiato con il volto del protagonista e il secondo che si riassume in una semplice parola Komorebi , che indica l’immagine evocatrice e isomorfica della pace e della bellezza. Vita tua Vita mea Vita di noi tutti.
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