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Futura ovvero il futuro sostenibile della psicoanalisi

Aggiornamento: 17 set 2021

di Claudio Grasso


Cosa intendiamo per sostenibilità in psicoanalisi? Non si può negare che c’è stata nel corso del tempo (120 anni di psicoanalisi) un’inflazione di sedute sul lettino, basata sulla “psicoanalisi del sospetto“.

In questi ultimi anni, in particolare dall’inizio del 2000, siamo passati - e molti non se ne sono nemmeno accorti - attraverso la transizione della “psicoanalisi del rispetto“, a quella che definirei la psicoanalisi dell’affetto.

Se per l’indagine (analitica) non può che essere autorizzato l’investigatore (l’analista) a dettare le regole e l’indagato (il /la paziente) è vincolato all’osservanza delle norme prescritte, con la psicoanalisi dell’affetto tutto cambia. L’ asimmetria, che pure permane, non è più l’asse della relazione analitica. Il setting, prima basato essenzialmente sul differimento del desiderio del soggetto in analisi, si costituisce ora in rapporto allo scambio relazionale, e quindi affettivo, tra paziente e analista. Le classiche sedute lacaniane, per esempio, evocano oggi non l’apertura di mondi attraverso l’inconscio strutturato come un linguaggio (vedi i lapsus); o le altrettanto classiche sedute kleiniane, abitate e attraversate dalle pulsioni di distruzione. Evocano piuttosto l’insostenibilità di una certa psicoanalisi. La differenza, a nostro avviso, si fonda sul limite, che nel primo caso viene “sfondato“ dal potere dell’analista “ soggetto supposto sapere“; nel secondo caso il limite può prendere la forma della dominanza riguardo alla dissimmetria delle due posizioni (paziente-analista), rischiando così di neutralizzare emozioni, sentimenti e affetti. Il tempo della seduta da un lato (vedi l’orientamento lacaniano), il numero delle sedute dall’altro (vedi l’orientamento kleiniano) non sono più oggi sostenibili. La psicoanalisi dell’affetto prevede il mettersi in gioco di entrambi gli attori della scena analitica, sapendo che l’asimmetria permane, perché un soggetto chiede aiuto (per un dolore mentale, per una sofferenza dell’anima) ad un altro soggetto (competente nel trattamento dei disturbi psichici).

Per esemplificare ciò che intendo per psicoanalisi dell’affetto e sostenibilità della psicoanalisi, riporto la frase di una paziente e la riflessione di Luigi Pirandello per la morte della madre, avvenuta mentre lo scrittore si trovava in Germania.


“Io vengo qui in analisi perché sono abitata dalla mancanza d’amore“.


“In fondo, nel tempo che è intercorso fra la morte di mia madre e il momento in cui l’ho saputo, io ho continuato a pensarla viva. Questo significa che dentro la mia mente può vivere indipendentemente dal fatto che viva realmente. Questa constatazione mi fa comprendere che io posso continuare a far vivere mia madre dentro di me anche se lei non c’è più”.


In questa prospettiva non si può più parlare solo e tanto di transfert e controtransfert, quanto piuttosto di percorso di vita fatto della stessa stoffa di cui sono fatti gli affetti. Percorso che collega paziente e analista in una vicenda comune, dove al supposto sapere di un rigido e algido modello psicoanalitico si sostituisce nello/ nella psicoterapeuta il sapere - sempre nuovo e sempre doloroso - della necessità e della virtù della mancanza.

Forse è così che i due personaggi della scena analitica cercano, per trovarlo in se stessi, l’autore.

Gli esiti pratici e clinici di quanto finora sostenuto vanno nella direzione di una cura e di un contratto psicoanalitico, che vede i due contraenti (paziente e analista) - consapevoli entrambi dell’istanza non più rinviabile della sostenibilità - concordare il numero e la cadenza delle sedute analitiche, insieme.




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